Quante volte siete stati a Londra? Tante … Quanti di voi avranno la classica foto davanti alla tradizionale cabina telefonica rossa? O con le insegne luminose di Piccadilly Circus alle spalle? E quanti ancora avranno aspettato con ansia l’ora precisa del cambio della guardia di fronte al Buckingham Palace per avere lo scatto perfetto? Scommetto tantissimi, compresa io, avremo sicuramente rivoltato questa dinamica città in lungo e in largo, dallo shopping nei negozi più stilosi e glamour, allo sguardo rivolto verso la storica torre del Big Ben, alla passeggiata in Trafalgar Square o, per i più originali, alla suggestiva visita del museo delle cere di Madame Tussauds, senza però pensare che a due passi da Londra ci sono due luoghi estremamente magici da visitare, semplicemente organizzando dei piccoli e comodi tours se non avrete la possibilità di raggiungerli in autonomia tramite un mezzo vostro. Io non essendo automunita a Londra ho utilizzato come spesso faccio il sito getourguide.it per entrambe le esperienze, le partenze ed il punto di ritrovo di solito sono nei pressi di Victoria Station, avrete comunque tutti i dettagli precisi in fase di prenotazione.
Il primo posto che vi consiglio di visitare sono i Warner Bros Studio di Harry Potter e lo si può raggiungere a poco più di un’ora di pullman! È un’ esperienza magica adatta non solo agli appassionati del film, ma a tutte le persone che non vogliono smettere di sognare, questo viaggio nell’universo di potenti maghi, basilischi ed ippogrifi vi catapulterà letteralmente nel mondo più fantastico che ci sia e non vi sembrerà quasi di essere su set cinematografici, bensì nel reale universo di Hogwarts, tra scope volanti, negozi di bacchette magiche, cappelli parlanti, rane di cioccolato; passando dalla Foresta Proibita, vi ritroverete nella Sala Grande e vi sembrerà di intravedere lo stesso Albus Silente che sorride strizzandovi l’occhio. E mi raccomando non ve tornate verso King’s Road senza prima aver preso l’Hogwarts Express dal leggendario binario 9 e ¾ e senza aver assaggiato il mitico gelato gusto burrobirra.
L’altro posto altrettanto magico che vi consiglio di visitare, a cui sono particolarmente legata è Stonehenge nello Wiltshire anch’esso raggiungibile a circa 2 ore di autobus. Arrivati nei pressi del sito già dalla strada si intravedono le colossali pietre sospese e già prima di entrare avrà inizio il vostro viaggio emozionale. Non si può spiegare a parole l’attrazione fatale che questo luogo infonde, né come queste gigantesche rocce arenarie siano state portate dal Galles a 240 chilometri di distanza, lo si può solo ammirare, contemplare, senza troppe spiegazioni noiose e razionali, ma facendosi semplicemente trasportare dalla seduzione e dall’incanto che questo vortice di energia raccoglie attorno a sé. È così che di fronte all’eco di tanti segreti lontani, tra riturali antichi, cerimonie occulte allo scandire di equinozi e solstizi e celebrazioni esoteriche , il tempo sembra essersi fermato, sembra ancora di intravedere sotto le stelle e le pietre primitive danzatrici sospese in epoche remote che ballano, pregano e riverenti si prostrano al sole, al cielo, alla terra, al cospetto dei macigni sacri, si inchinano alla presenza eterna dell’immortale Stonehenge.
“Non abbiamo bisogno della magia per cambiare il mondo: abbiamo già dentro di noi tutto il potere di cui abbiamo bisogno, abbiamo il potere di immaginare le cose migliori di quelle che sono. ” J.K.Rowling
Ed ecco una nuova idea di viaggio fai da te on the road con tanto di magnifici lodge scelti per la Namibia, non vedo l’ora di poter ammirare gli animali selvaggi e le magiche dune arancioni di questo fantastico paese, sperando di poterlo raggiungere presto e di poter realizzare le foto più belle di sempre, ecco intanto una bozza di itinerario.
PERIODO DA GIUGNO AD OTTOBRE, meglio settembre/ottobre ci sono animali assetati che vanno a bere nelle pozze
ACQUISTARE SIM TELEFONICA alla telecom dell’aeroporto Namibiano
NOLEGGIO AUTO 4X4 CIRCA 1.000 EURO – pick up direttamente in aeroporto – 2 ruote scorta – GPS – patente internazionale
Spray antizanzare, un binocolo, power bank per cellulare
PRENOTARE Game Drive privato notturno qui c’è la POZZA Olifantsrus Hire
circa 130 km da Okaukuejo
Sei tenuto a comunicare al Camp più o meno il tuo orario di arrivo E’ arroccato su di una piccola collinetta e non puoi avere accesso con la tua auto. Per cui devi prendere tutti i tuoi bagagli e con un’auto del camp
Andare al parco di Sossusvlei all’alba per evitare la fila SCORTA D’ACQUA
Si passa davanti alla duna 45 fino ad arrivare a Sossusvlei, si parcheggia l’auto e a piedi per raggiungere dapprima Sossusvlei passando per Narravlei, per poi goderci una discesa straordinaria nella Deadvlei. ( alberi secchi )
Ed eccoci qua…dopo interminabili ore di volo finalmente arriviamo a Tokyo che subito ci travolge con i suoi colori vivaci e con i suoi frastuoni … girare per le vie affollatissime ascoltando vocine stridule dai megafoni sparsi dappertutto e vedendo godzilla e king kong minacciosi che spuntano dai grattacieli non ha prezzo. Rimaniamo subito piacevolmente sconvolti da tutta la follia che ci circonda… restaurant robot con tanto di luci laser e personaggi giganti, centinaia di slot machine musicali che urlano la loro sete di denaro … la metropolitana talmente piena di gente che sembra così surreale non urtarsi mai con qualcuno … e poi ancora tutti i localetti dove mangiare street food seduti su sgabelli microscopici attaccatissimi l’un l’altro, il classico Marrabbio che intaglia un mega tonno commentando passo passo al microfono con tanto d’urlo vittorioso finale! … l’odore di pesce fresco tra le bancarelle del mercato all’alba, la vecchietta che già prepara le sue zuppe di buon’ora e gli affezionatissimi clienti che le gustano con calma. … bere sakè al karaoke indossando pantofole di pelle e cantando Celentano agitando un tamburello in mano … parlare con wc chiacchieroni e iper tecnologici…. Delirio, delirio allo stato puro, cosciente, ironica ed ordinata pazzia … e poi ecco … poco dopo aver attraversato l’incrocio di Shibuya tra migliaia di pedoni, sempre senza sbattere contro qualcuno e malgrado il traffico intenso senza avvertire il rumore fastidioso delle automobili … ecco che ti ritrovi catapultato in un paradiso roseo e profumato nel magico mondo del Sakura. Qui regna la pace, la natura. E’ bellissimo camminare tra i ciliegi in fiore, ti senti protetto, coccolato, ti senti al sicuro. Una forte sensazione di calma interiore e di delicatezza ti avvolge, ti inebria, ti fa sentire vivo e grato. Osservare intere famiglie riunite, sedute a terra con le loro coperte tra i petali, a sorridere, chiacchierare e mangiare insieme ci riempie il cuore di gioia e tenerezza e ci fa riflettere sul prezioso valore della vita, della nascita, della vecchiaia, della morte.
“come il fiore di ciliegio effimero e fragile nel pieno del suo splendore muore lasciando il ramo, così il samurai nel nome dei principi in cui crede, è pronto a lasciare la propria vita in battaglia. “
Dopo aver acquistato il tradizionale bento, ovvero il perfetto pasto giapponese da degustar viaggiando, rigorosamente di Hello Kitty , prendiamo l’ultra, super treno veloce che ci porta verso le montagne di Hakkone, ai piedi del monte Fuji. Qui l’aria si fa pura, i bamboo più frequenti ed i torii si nascondono misteriosamente tra i boschi… saliamo con la funivia, su fino al vulcano che getta nuvole zolfo, che si confondono con quelle del cielo … di sera ci aspettano un onsan bello caldo, anche troppo per la mia pelle europea! ed un fouton morbido morbido che avvolge i nostri sogni ad occhi aperti e non …
Il nostro seducente viaggio nel Sol Levante prosegue verso la storica Kyoto. Tra i suoi innumerevoli vecchi tempi, in alcuni angoli di questa antica città il tempo sembra essersi fermato…
Qui cerimonie del thè e geishe la fanno da padrone ed anche noi ci siamo fatti trasportare ed attraversare da questa atmosfera. Una deliziosa signora dai materni occhi a mandorla e dalle mani esperte ci ha illustrato il rito della vestizione e ci ha aiutato ad indossare i kimono che abbiamo portato in giro con rispetto e fierezza per tutta la città.
“al tempio c’è una poesia intitolata la Mancanza incisa nella pietra..ci sono tre parole ma il poeta le ha cancellate. Non si può leggere la Mancanza, soltanto avvertirla. “
Percorrendo poi con la nostra automobile a noleggio, una strada alquanto insidiosa e funesta, arriviamo a Koyasan, il regno dei solenni templi buddisti e dell’enormi statue inquietanti dei guardiani dalla lingua e dagli occhi di fuori …qui ad accoglierci è un giovanissimo monaco dal viso rilassato, sorridente e sereno. È lui che di notte ci accompagnerà a visitare un cimitero e ci racconterà le leggende e le storie legate a questo mistico luogo, dalle ombre terribilmente affascinanti. All’alba abbiamo assistito alla cerimonia del fuoco, pregando e bruciando, purificandoli, i nostri desideri ed i nostri buoni auspici per un futuro migliore.
Al ritorno da questo paesetto magico tra montagne e pagode ci siamo fermati ad accarezzare gli splendidi cervi dagli occhioni languidi di Nara. Qui tra i ciliegi in fiore, i cerbiatti ed il buddha di bronzo più grande del mondo non è difficile sentirsi come Alice nel paese delle meraviglie, ma proprio come lei , prima o poi l’illusione svanisce e si torna alla dura verità… Infatti dopo le ultime ore tra incanto e realtà, tra il torii sospeso nell’acqua del lago di MIyajima , è arrivato l’ultimo giorno del viaggio e con esso la dura visita ad Hiroshima. Il silenzio diviene solenne, angosciante e colmo di riflessioni dinnanzi allo spettro del donebomber e del fatiscente palazzo rimasto in piedi, seppur quasi interamente distrutto, per non farci dimenticare.
Con immensa gratitudine ci inchiniamo a questo popolo che ci ha ospitato con umiltà, eleganza ed onore… porteremo sempre nel nostro cuore il vecchietto elegantissimo nella metro, con il foulard di Valentino appassionato di moda e vino italiano con lo sguardo più elegante, dolce e commovente del mondo… la signora alla cassa del supermercato che ha iniziato ad urlare di gioia perché a detta sua avevamo vinto un premio acquistando un semplice prodotto, non ricordo neanche quale, e ci ha riempito il sacchetto della spesa di merendine, succhi di frutta, yogurt ed altri vari prodotti del suo negozietto … il controllore del treno che poco prima di girarci le spalle e chiudersi dietro la porta faceva l’inchino per salutare … porteremo sempre con noi i panorami mozzafiato, le loro buone maniere, le loro abitudini strampalate, il loro buon cibo così leggero e salutare, i loro timidi sorrisi….
Dicono che il Giappone è nato da una spada. Dicono che gli antichi dei hanno immerso una lama di corallo nell’oceano e che, al momento di estrarla, quattro gocce perfette siano cadute nel mare e che quelle gocce sono diventate le isole del Giappone. Io dico, che il Giappone è stato creato da una manciata di uomini coraggiosi, guerrieri disposti a dare la vita per quella che sembra ormai una parola dimenticata: onore. (dal film L’ultimo Samurai)
Le nostre azioni intime, quelle che vengono compiute senza essere notati da nessuno, ecco forse è questa la verità.
Un cuoco solitario e malinconico mentre cucina il suo piatto migliore piange, le lacrime scendono sulle sue guance e cadono dentro la pentola, vengono mescolate alla salsa. La pietanza è buona, per chi non l’aveva mai assaggiata prima, ma non lo è come quella che serve solitamente. No, non è vero, non è buona, la verità è che gli è venuta male, era triste, non l’ha preparata con amore, come doveva essere.…..
Le parole che non pronunciamo, ecco anche queste spesso sono la verità, palesemente diversa da quella che potrebbe percepire qualcuno di fronte a noi non ascoltandole, non potendo sentire la verità.
Ma qualcuno sa leggere i nostri occhi, il nostro sguardo senza aprir bocca, quel qualcuno forse riuscirà a coglierla, la verità …. Forse … ma sarà sempre solo un’intuizione e il margine d’errore è lì, dietro l’angolo.
I pensieri… già quelli si che forse sono verità …
I pensieri quelli più nascosti spesso la racchiudono, ma poi com’è? Com’è che mi ritrovo a mentire anche a me stessa? Dove va a finire la mia di verità? In un limbo, un buco nero, una dimensione parallela dove potrà finalmente essere tale?
E’ capitato anche a voi di commettere un’azione, non propriamente, buona… vero?
Beh, se non vieni visto da nessuno, la verità è che, per gli altri, questa azione non è mai stata compiuta, per te, beh… la verità è che potrebbe non essere stata un’azione poi così tanto malvagia … sai… il solito discorso della sincerità interiore.
Ma la verità è che hai avuto un comportamento del cazzo.
Beh…allora si, questa si che è una verità assoluta! Non è detto.
Voi non sapete il motivo per cui l’ho fatto, la mia è stata solo una reazione, una conseguenza, una giusta risposta ad un atto doloroso subito, anzi, ora che ci penso non mi avete proprio visto!
Ah.. non è così? Qualcuno ha visto.
E tutto cambia, di nuovo.
Ma….ditemi? Cos’è che avete visto in realtà?
L’azione, una piccola parte di essa, l’atto finale o solamente la sua origine?
Un gesto sbadato?
Un’espressione allegra, è davvero tale? Oppure è solo un attimo distratto da un bel ricordo fugace, un ricordo che … a scavar bene in fondo mi mette tanta tristezza. Il mio sguardo d’un tratto è cambiato, ora è assente, non rispecchia affatto l’aria di festa in cui mi trovo ora, è fuori contesto.
Qual è la verità? Come mi sento veramente ora?
Felice, depressa… la verità è che non lo so, non lo so più nemmeno io.
Vedo tanta gente così sicura, così maledettamente pronta a giudicare gli altri, a sparare sentenze, a puntare il dito, sempre, nella convinzione insindacabile della loro verità.
Ma chissà se la loro assoluta certezza non fosse oscurata dal buio, dai pregiudizi, o se la luce era accesa.
Ma la verità è sempre lì comunque, anche nell’oscurità, siamo noi che non riusciamo a vederla, potremo forse intravederne l’ombra ed inventare, interpretare…. Sai? Anche con la luce accesa spesso lo facciamo.
Sì.. improvvisiamo, immaginiamo, mentiamo. E come.
Spesso inganniamo anche lei, la alteriamo, la manipoliamo, la trasformiamo e lei, la verità, si confonde, ha crisi d’identità, sdoppiamento della personalità e guardandosi allo specchio non si riconosce neanche più.
La verità è viva, mutabile, si evolve, è in continuo movimento.
E’ come la luna, il suo lato oscuro è celato, non si fa mai vedere. Da nessuno.
La verità è che nessuno potrà mai scoprirla, neanche essa stessa.
Las Vegas è la città dei sogni, dove tutto è possibile. Noi abbiamo deciso di vivere a 360 gradi la nostra esperienza in questa singolare città ed abbiamo scelto di sposarci alla famosissima Graceland chapel con tanto di Elvis Presley a celebrare le nostre nozze.
Avevamo portato gli abiti dall’Italia ( acquistati sul sito www.funidelia.it ) abbiamo scelto di vestirci da Mariylin Monroe e da Superman, avevamo prenotato l’evento direttamente dal sito internet https://gracelandchapel.com/ e scelto le modalità da noi preferite ( costo circa 500 euro con foto, video e tanto di attestato matrimoniale firmato dal re del rock and roll in persona ).
Una splendida limousine bianca ci è venuta a prendere direttamente alla hall dell’ hotel e ci ha accompagnato alla Graceland Chapel, qui ci aspettavano il nostro Elvis ed il suo sorriso, nonché il suo vestito, tutto sgargiante e scintillante. Poco prima avevamo acquistato due anelli in uno dei tanti negozietti assurdi della Strip e poco dopo eccoci lì a pronunciare le nostre promesse in uno spagnolo sgangherato ( lingua scelta da noi per a cerimonia che ci ha fatto morir dalle risate ), una situazione così improponibile quanto emozionante, commovente quanto comica che ci ha fatto sentire veramente come due divi del cinema protagonisti di uno dei film più irriverenti e demenziali d’America! Dopo lo scambio degli anelli e la dichiarazione d’ amore al suono romantico di Love Me Tender, non si poteva che concludere con un balletto ancheggiato sotto le note di Viva Las Vegas. E come ogni degno matrimonio che si rispetti, dopo il filmino, siamo andati fuori in cortile a finire il nostro album con altre tantissime ineguagliabili foto ricordo.
L’autista ci ha poi portato a spasso con la limousine per un altro po’ di tempo, fin quando non siamo scesi per le vie del centro alla ricerca di un locale adatto dove intraprendere una perfetta cena di nozze.
Abbiamo scelto il ristorante di Twin Peaks, abbiamo proseguito la serata volando nelle assurde montagne russe del nostro assurdo hotel e terminato il giorno più bello della nostra vita giocando alla roulette del casinò del New York, New York, di Las Vegas. Il tutto ovviamente sempre con la parrucca bionda cotonata io ed il mantello rosso svolazzante il mio nuovo super marito.
C’è sempre un grano di pazzia nell’amore, così come c’è sempre un grano di logica nella pazzia. Nietzsche
Scarpe da trekking, giubbino antivento, costume da bagno, crema protettiva solare.
Libri consigliati
Non sono libri ambientati all’Isola di Pasqua, ma sono molto adatti da leggere prima o durante questo viaggio mistico.
La profezia della Curandera Hernan Huarache Mamani
Viaggi di Gulliver Jonathan Swift
Consigli pratici
Noleggiate in loco una jeep e girate Rapa Nui tranquillamente in autonomia, è molto piccola appena 80 km ed accessibile e sarete molto più liberi di avventurarvi nel cuore dell’isola.
Da non perdere
Tutte i siti più famosi delle statue Moai!
Ammirare il tramonto di Ahu Tahai
Partecipare allo spettacolo di danza tradizionale Kari Kari al ristorante Kanahau
Itinerario
Spiaggia Anakena
Rano Kau vulcano
Orongo
Ranu Raraku
Ahu Tongariki
Spiaggia Ovahe
Ahu Akivi
Maunga Terevaka
Ahu Tahai
Leggende
Avete presente quel sogno che avete nel cassetto? Quello più bello di tutti, il più atteso, che è lì da sempre accatastato in fondo, altri col tempo riescono a volar via felici, liberi , altri invece sono così preziosi che spesso è troppo difficile realizzarli.
Ecco il mio viaggio alla remota isola di Rapa Nui è uno di questi, la mosca bianca, il sogno tanto sperato, quello più sospirato.
Gli abitanti dell’isola sono molto legati alle loro origini e per loro è importante che venga denominata Rapa Nui, ovvero con il suo nome autentico, piuttosto che Isola di Pasqua, un nome dato solo in un secondo momento dai navigatori olandesi che l’hanno raggiunta, ma questo luogo esisteva già da tempo ed aveva una sua storia, le sue tradizioni nonché un suo nome polinesiano.
Ci sono tantissime leggende legate a questo popolo, alcune dicono che dal cielo giunsero degli uomini uccello, tangata manu, che potevano volare, il loro capo era il creatore dell’umanità ed i colossi di pietra venivano mossi grazie a forze misteriose che solo pochi monaci sapevano controllare e al momento della loro morte alcune di queste statue rimasero incompiute, altre leggende narrano che rimasero incomplete a causa di terremoti e tsunami devastanti che si abbatterono in questo luogo remoto, o a causa del suo stesso popolo autodistrutto da guerre, massacri, cannibalismo, altre storie ancora raccontano che l’isola sia ciò che resta del grande continente Mu , antecedente persino alla stessa Atlantide, che venne sommerso a causa di un cataclisma, che i Moai rappresenterebbero capi tribù di indigeni morti e che siano un contatto tra il mondo dei vivi e quello dei defunti, protettori e guardiani dell’isola, portatori di benessere e prosperità nonché sentinelle collocate in punti precisi dove c’era la presenza di acqua.
Queste sono solo alcune delle storie che da secoli si tramandano da generazione in generazione, da libro a libro, da fantasia a realtà.
Io personalmente penso che sia impossibile decifrare e scoprire la verità, ed è giusto così, l’attrazione per l’ignoto, il suo mistero, le sue leggende sono la forza, la bellezza di questo luogo che ad ognuno di noi lascia un messaggio diverso e personale.
L’energia che questo luogo sprigiona è talmente forte che la si può sentire scorrere dentro, sono i Moai gli unici custodi di ciò che è realmente avvenuto e se avessero voluto condividerlo con tutti, avrebbero sicuramente lasciato più tracce, la chiave per decifrarlo è dentro il cuore di ognuno di noi non è accessibile a chi non lo ascolta e si sa che alla voce del cuore ed ai suo interlocutori non servono spiegazioni.
Viaggio
Dopo ben 15 ore di volo, partendo da Città del Messico facendo scalo a Santiago dl Cile, abbiamo finalmente raggiunto Rapa Nui, il luogo più solitario della terra, appena scesa dall’aereo, atterrato in questo piccolissimo aeroporto in legno con un’ unica pista dove circolano gli unici voli dal Cile, frastornata ma felicissima la prima cosa a colpirmi è la sensazione di benessere che ho provato ed un profumo dolce simile al curry mescolato con fiori, che mi ha completamente inebriato e che mi avrebbe accompagnata durante tutta la mia permanenza nell’isola.
Il personale della guest house Hostal y Cabañas Tojika ci è venuto a prendere, ci ha infilato una splendida collana di fiori freschi al collo e ci ha accompagnato alla struttura, sempre tutta in legno bellissima situata proprio di fronte all’oceano parecchio agitato! Il vento soffiava fortissimo, le onde ribelli si infrangevano sugli scogli, dalla veranda dove ci rilassavamo a leggere un libro si sentiva questo suono incessante del mare e persino dalla nostra camera. http://www.booking.com/Share-RuZ0Gzn
La voce potente dell’oceano Pacifico ci avrebbe guidato per tutto il nostro breve ed intenso viaggio.
Ci troviamo ad Hanga Roa unica città dell’isola, prendiamo un autobus locale ed andiamo a visitare la mitica spiaggia di Anakena, una baia di sabbia bianca, palme da cocco e mare dalle acque fredde e di un vivido color turchese. L’entusiasmo è tanto quando arriviamo, corriamo verso i primi Moai che incontriamo, eccoli lì che ci osservano imponenti, maestosi, con l’oceano dietro di loro, sembrano sfidare il fato, le mareggiate, i pirati girando loro le spalle con fierezza e coraggio. Rimaniamo come ipnotizzati al loro cospetto, ci sediamo sulla spiaggia e restiamo ore lì a contemplarli.
E senza rendercene conto ne eravamo già completamente innamorati.
Il giorno successivo dalla meravigliosa signora della nostra Guest House dai tratti tipicamente polinesiani, occhi scuri dallo sguardo penetrante, pareo floreale e fiore fresco in testa, abbiamo noleggiato una fantastica jeep e con tanto di mappa eravamo più che pronti per iniziare la nostra avventura on the road.
Come prima cosa abbiamo raggiunto il vulcano dormiente Rano Kau, la cui spettacolare eruzione avvenuta due milioni e mezzo di anni fa sembra aver creato questa magica isola, il suo enorme cratere ospita una laguna di acqua dolce, camminare lungo le sue pendici, guardarvi all’interno, intravedere dirupi e scogliere a capofitto sul mare agitato provoca turbamenti ed emozioni primitive.
Proseguiamo per il vicino villaggio in pietra di Orongo, da qui uno scenario panoramico e vertiginoso sull’oceano Pacifico, sembra veramente di stare in un piano di esistenza superiore, di essere più vicini al cielo, all’infinito a Dio. La vista è veramente sensazionale, da qui si possono vedere le tre isolette vergini di origine vulcanica in mezzo al mare, leggendarie in quanto qui si teneva la competizione degli uomini uccello, più valorosi si sarebbero dovuti calare dalla scogliera per raggiungere a nuoto l’isola di Motu Nui, prendere l’uovo di uccello e tornare indietro sempre a nuoto, scalando la parete rocciosa senza però infrangere l’uovo. Vedendo la posizione di questi scogli e l’agitazione del mare sembra alquanto improbabile riuscire in questa ardua impresa, al solo pensiero rabbrividisco ed ho il capo giro, anche perché il vento soffia talmente forte che è difficile mantenere l’equilibrio.
Passando per magnifiche strade sterrate, facendo il giro dell’isola, costeggiando l’oceano onnipresente arriviamo al sito di Ranu Raraku, un cratere vulcanico dove troverete centinaia e centinaia di teste che vi osservano, i Moai sparsi per tutta l’isola sono quasi un migliaio alti da dieci a venti metri e qui è il luogo mistico dove furono scolpiti quasi tutti e dove troverete “il Gigante” ovvero il più grande di tutti alto 22 metri che è ancora ancorato nella pietra originale, i loro sguardi si insinuano profondamente e passandovi accanto si ha non solo la sensazione, ma la certezza di trovarsi in un luogo sacro, di avere la fortuna di essere accolti nel loro mondo, di poter passeggiare tra queste pietre rare, suggestive, immobili da sempre, ma come vive. Il vento continua a soffiare forte, il sole splende, da qui la vista è veramente unica, si distinguono persino in lontananza l’Ahu Tongariki , i quindici Moai spiccano tra il verde delle dolci colline circostanti e l’azzurro dell’oceano, la loro vista da quassù è toccante, già da questa distanza incutono rispetto e timore, riprendiamo così il tragitto con la nostra impavida fuoristrada e li raggiungiamo.
A darci il benvenuto all’ingresso del sito c’è un grande Moai, un guardiano che ci lascia passare 🙂 anche se ormai sembra essersi abituati alla loro presenza camminando verso gli altri , verso i quindici, ci si rende conto che non è affatto così, l’impatto alla loro vista è disarmante e più siamo vicini maggiore è il senso di impotenza al loro fascino magnetico capace di turbare ed estasiare qualsiasi essere vivente dinnanzi a loro. A piedi scalzi mi siedo a gambe incrociate e rimango lì incantata, rapita, non mi serve altro, solamente la loro presenza, la loro vista, tutto intorno è silenzio, il tempo sembra essersi fermato, ora siamo solamente il rumore del mare, io e loro sulla terra, niente altro, nessun’altro, tutto il resto si è azzerato, tutto è niente al loro cospetto.
Passando dietro alle loro spalle si ha come l’impressione di essere ancora osservati, la sensazione di timore è ancora più forte, la loro presenza ancora più invadente, non si ha scampo.
Prima di tornare alla base decidiamo di avventurarci nella spiaggia di Ovahe, luogo nascosto, da conquistare e sconsigliato da molti per la sua posizione appena sotto uno strapiombo con pericolo di caduta massi, per arrivarci si cammina su un sentiero stretto che per un breve tratto passa tra le rocce dove c’è anche un crematorio ancestrale, io personalmente penso che non sia così imprudente visitarla, l’importante è fare molta attenzione e ne vale assolutamente la pena.
Una piccola spiaggetta di sabbia rosa, una gemma nascosta, isolata, poco frequentata, dall’acqua cristallina e turchese, un piccolo angolo di paradiso dove passare un po’ di tempo in completa solitudine e relax, con il suono delle onde e la magia della minuscola baia segreta.
Il giorno seguente mi sono resa conto che non solo i Moai mi avevano abbagliato, ma anche il sole, con l’aiuto del forte vento, mi aveva praticamente bruciato la pelle, è molto importante mettersi una crema solare protettiva perché , anche se la temperatura non è alta, si rischia di scottarsi.
Raggiungiamo il sito archeologico di Ahu Akivi, qui ci sono gli unici Moai rivolti verso l’oceano, sette imponenti statue che in mezzo ad un enorme campo circondate dal verde, scrutano il mare e l’orizzonte e il loro volto è rivolto esattamente in direzione del sole durante l’equinozio di primavera, il nostro sguardo trasognato si mescola al loro perdendosi verso il Pacifico e verso il miraggio di terre lontane, troppo lontane da questo luogo così magico e solitario.
Seguendo poi a piedi un percorso abbastanza faticoso, in salita, in mezzo alle campagne arriviamo alla vetta del vulcano estinto Maunga Terevaka, il punto più alto, il panorama è stupendo, la vista dall’alto consente di vedere le estremità dell’isola e ci si rende conto della sua piccola dimensione, della sua posizione remota, fuori dal mondo, come se appartenesse veramente ad un altro universo, sedersi ai bordi dell’immenso cratere, sentire l’antica forza incontenibile del vulcano, le sue vibrazioni, immaginare la sua originaria potenza ora spenta, placata, anch’essa nascosta giù nel profondo, tra tutti gli altri misteri più intimi di Rapa Nui, dà una sensazione di impotenza e resa dinnanzi all’intensità di questo luogo.
Siamo quasi al termine di questo viaggio ai confini della terra, non possiamo certo perderci il magico tramonto di Ahu Tahai, un luogo affascinante tra luoghi cerimoniali sullo sfondo dell’oceano Pacifico, è qui che potrete vedere il Moai con gli occhi che sembra leggervi l’anima.
Vi consiglio di portarvi una bottiglia di buon vino rosso e di passare la serata sdraiati tra l’erba verde al cospetto di questo spettacolo raro e particolare aspettando il calar del sole che con i suoi raggi proietta sulle statue sfumature dorate a tratti rosa che trasportano in tempi lontani e perduti.
Partecipiamo infine ad uno spettacolo di danze tradizionali polinesiane Kari Kari cenando al ristorante Kanahau, dove ci truccano il volto con antichi simboli tipici guerrieri, i loro balli, i loro costumi piumati, i loro canti primitivi trasmettono tutta la loro fierezza, cultura, tenacia, trasmettono la loro connessione con la terra, gli animali, secoli di storia tramandati con orgoglio dalle loro generazioni.
Girando per l’isola è facile incontrare negozietti che vendono qualsiasi cosa, cartelli con su scritto: parrucchieria, depilazione e noleggio automobili nello stesso stabile o cambiare i soldi anziché in banca nei chioschetti dei benzinai, mangiando nei graziosi ristorantini in legno si possono gustare insalate di gamberi curry e patate fritte tutto mescolato insieme, Rapa Nui ha sua acqua, la sua birra, il suo vino “Anakena”.
Guidando per le strade brulle e sterrate si costeggiano scogliere poderose, altissime impressionanti, grotte sotterranee che sbucano sull’oceano tra onde dirompenti, si incontrano Moai sparsi dappertutto incompiuti, distesi a terra, punti magnetici come la sfera misteriosa Te Pito Kura, l’ombellico di luce, ci si imbatte in cavalli selvaggi che corrono liberi a due passi da te.
L’isola ci ha stregati.
Non c’è un limite, non si vede un’altra terra, l’orizzonte è a perdita d’occhio, infinito, migliaia e migliaia di chilometri di acqua, cielo e niente altro non si vede niente altro, ma si sente tutto, si sentono tutti gli animali terrestri, tutti i pesci, tutti i volatili, le farfalle, i fiori, le piante, le voci lontane degli antenati, dei selvaggi, degli sciamani, dei guerrieri, delle leggende tramandate, dei vulcani, si sente tutta la forza di MadreTerra, della natura e di uomini uccello che hanno combattuto, nuotato, volato in nome di questa terra tormentata e magnifica.
“….D’argilla, boschi, fango, da seme che volava nacque la collana selvaggia dei miti: Polinesia: pepe verde, sparso nell’area del mare dalle dita erranti del padrone di Rapa Nui, il Signor Vento. La prima statua fu d’arena bagnata, egli la formò e la disfece allegramente. La seconda statua la costruì di sale e il mare ostile l’abbattè cantando… Ma la terza statua che fece il Signor Vento fu un moai di granito, e questo sopravvisse…
…Quest’opera che lavorarono le mani dell’aria, i guanti del cielo, la turbolenza azzurra, questo lavoro fecero le dita trasparenti: un dorso, l’erezione del Silenzio nudo, lo sguardo segreto della pietra, il naso triangolare dell’uccello o della prua e nella statua il prodigio d’un ritratto: perché la solitudine ha questo volto, perché lo spazio è questa rettitudine senz’angoli, e la distanza è questa chiarità del rettangolo….”
Sempre più ottimista ho preparato un nuovissimo itinerario che spero di poter attuare già da quest’anno visto che il Nepal ha aperto le porte al turismo, per ora ci sono cinque giorni di quarantena da fare, ma forse per il prossimo novembre non sarà più così, naturalmente lo speriamo tanto ed ecco qui una bozza e qualche idea per un mistico e stupendo viaggio on the road fai da te verso la mistica terra dell’Everest.
Periodo ottobre/novembre per il festival di TIHAR a Bhaktapur– 15 notti
Come muoversi: pulmini / autobus da prenotare in hotel giorno per giorno oppure DRIVER PRIVATO
Kathmandu 2 NOTTI – ( oppure 1 NOTTE SE ARRIVO è DI MATTINA )
Dormire nel quartiere vecchio Thamel
La mattina visita il Tempio Pashupatinath ( cremazioni ) e la vicina Boudhanath Stupa, a piedi o con minibus poi da Boudhanath Stupa Per tornare verso Thamel basta salire a bordo di uno degli autobus di linea blu e dirigiti verso Kathmandu Durbar Square per il tramonto quando la piazza si popola di gente
Swayambhunath Stupa (Monkey Temple) A PIEDI da Thamel, sono infatti solo 3 km in mezzo a dei quartieri decisamente poco turistici oppure prendere uno dei numerosi minibus
***Vedere Kathmandu Durbar Square di mattina presto all’alba***
Patan Durbar Square A 8 KM
Kirtipur città antica poco turistica a 5 km da Kath tempio di Tri Ratna, Dev Pukko (centro della città con annesso palazzo della regina), il tempio Bagh Bhairab e infine il tempio Uma Maheshwor prima di tornare a Kathmandu consiglio fortemente di mangiare al ristorante Newa Lehana, Raggiungere Kirtipur è davvero facile, i bus partono di frequente da Ratna Bus Park ed impiegano 25 minuti circa per raggiungere Naya Bazaar alla base della città antica, 20 rupie.
Chitwan National Park 2 notti ( 1 in lodge 400 euro – 1 in famiglia )
230 km – bus da Kathmandu la mattina bus turistici che partono da Kathmandu e Pokhara con destinazione “Chitwan National Park” scendono a Sauraha fermandosi però in una stazione a circa 7 km dalla città, da lì poi bisogna verosimilmente prendere un taxi.
SAFARI IN JEEP organizzati dal lodge rinoceronti, elefanti, tigri, coccodrilli
tempio Thani Mai con una passeggiata di trenta minuti.
Da Pokhara o Kathmandu prendi un qualsiasi bus diretto a Dumbre Bazaar o nella maggior parte dei casi un bus che passa per Dumbre Bazaar, da qui ci sono jeep condivise che partono relativamente di frequente verso Bandipur
Prendete il busKathmandu – Pokhara e dite all’autista di farvi scendere a Dumre, la trafficata cittadina lungo la “highway”. Da Dumre parte una strada a tornanti che sale sino a Bandipur (mezz’ora circa in auto). Potete prendere un’auto taxi al costo di 500 rupie oppure un minibus locale,
Non vedo l’ora di poter partire e di conoscere questo popolo fantastico, pacifico e questa terra ricca di templi e antiche tradizioni….e che l’attesa sia breve!
ll vero viaggio di scoperta non consiste nel cercare nuove terre, ma nell’avere nuovi occhi. (Marcel Proust)
Scarpe comode, pareo lungo per coprire le gambe, impermeabile, pantaloni lunghi leggeri, costume da bagno
Libri consigliati
Mangia, prega, ama – Elizabeth Gilbert
La fine è il mio inizio – Tiziano Terzani
Siddharta – Hermann Hesse
Consigli pratici
Il modo più comodo e veloce per girare Bali è sicuramente noleggiare una macchina con autista privato per le distanze più lunghe, per quelle più corte potete muovervi anche prendendo un passaggio da un motorino.
Contrattate sempre prima il prezzo per qualsiasi cosa.
Coprite sempre le gambe con un telo prima di entrare in un tempio
Restate qualche giorno nella magica Ubud, è una città stupenda ed un punto strategico di partenza per le varie escursioni.
Il termine Pura corrisponde a Tempio, io ho salvato sul telefono tutte le foto dei templi che volevo visitare per farle poi vedere al mio autista.
Non occorre saper parlare bene l’inglese, la maggior parte dei balinesi non lo parla o lo fa a livello elementare, pertanto per comunicare affidatevi al vostro istinto, ai gesti, a qualche parola in inglese recuperata qua e là e soprattutto a grandi sorrisi.
Da non perdere
Visitate tutti i templi più famosi, sono veramente splendidi.
Comprate degli incensi da riportare a casa.
Partecipate all’ecstatic dance allo Yoga Barn di Ubud.
Andare ad uno spettacolo di danze tradizionali al teatro Barong d Ubud.
Itinerario
Ubud da qui le varie visite:
Santuario Monkey Forest
Pura Tirtha Empul
Pura Ulun Danu Bratan
Pura Batur
Pura Besakih
Pura Tanah Lot
Pura Uluwatu
Spiaggia Jimbaran
Lovina
Pura Brahma Vihara
Viaggio
Questa in assoluto è stata l’avventura più emozionante, mistica e straordinaria della mia vita.
Sono partita da sola, verso la lontana isola di Bali, dopo tutte quelle ore di aereo quando sono scesa stravolta in Indonesia sono scoppiata a piangere di gioia e mi sono commossa; ho preso subito un taxi che dall’aeroporto mi ha portata alla magica Ubud, la prima cosa che ho notato le grandi rotatorie in mezzo al traffico impazzito con delle immense statue di Shiva o di altre divinità, pioveva a dirotto quando sono arrivata in hotel , ero tutta bagnata, si era già fatto buio, il tempo di mangiare qualcosa e sono andata subito a dormire.
La mattina dopo appena alzata ho aperto subito la finestra, pioveva ancora tanto purtroppo, il cielo era chiuso ed ho pregato l’universo che il tempo migliorasse presto, nel frattempo ( come non notarlo ) a darmi il benvenuto appeso sopra il mio balconcino, nonché sopra la mia testa, una statua di legno del Dio della fertilità con dei riferimenti palesemente sessuali, sono scoppiata a ridere, ho indossato un’impermeabile, che per fortuna avevo messo in valigia e sono andata alla scoperta dell’isola!
In realtà nella cultura induista questo simbolo così esplicito è di buon auspicio ed è portatore di abbondanza, fertilità, luce saggezza e destino, è molto rispettato e lo avrei ritrovato spesso praticamente dappertutto, persino come portachiavi, sempre in legno, ai mercatini locali.
Uscendo dalla mia camera, che era bellissima molto spaziosa tutta in legno, mi sono resa conto che ero immersa nel verde, con la luce del giorno ho potuto vedere tutte le rigogliosissime piante intorno a me, una vera e propria foresta di alberi stupendi, fiori colorati, piccoli altarini ed incensi accesi, l’aria profumava di buono e la mia giornata, malgrado il tempo, sembrava prospettarsi per il meglio.
Ancora estasiata dal giardino stupendo del mio hotel, sono andata alla reception richiedendo un autista privato che mi portasse in giro per i prossimi giorni a vedere tutti i templi che mi ero prefissata di visitare, l’attesa è stata veramente minima e dopo alcuni minuti è già arrivata una macchina con un conducente tutto per me, un signore di una certa età, un po’ taciturno, ma molto efficiente.
Come prima tappa ho scelto di andare al vicino Santuario Monkey Forest, un luogo meraviglioso una foresta rigogliosa, antica, nascoste tra le piante ci sono tantissime statue in pietra raffiguranti draghi e divinità, ho fatto amicizia con le numerose scimmie che qui sono le padrone indiscusse, ovviamente stando bene attenta ai miei effetti personali, in quanto come è ben noto sono un po’ dispettose e solite a rubare occhiali e quant’altro, ma devo dire che le scimmiette di questo tempio sono davvero docili e adorabili.
Il tempo uggioso mi avrebbe accompagnato ancora per tutto il giorno, ma passeggiare tra questa splendida giungla con il rumore della pioggia che si insinua tra le foglie degli alberi, il profumo dell’erba bagnata, della terra umida e le scimmie a seguito, tra ponti intrecciati a radici giganti è veramente bellissimo.
E’ facile incrociare devoti che con i vestiti coloratissimi e le ceste in testa camminano verso il tempio per lasciare offerte e fare le loro preghiere e con mio grande piacere ho incontrato anche una coppia di sposi che aveva scelto questa location incontaminata per il servizio fotografico, non potevo non rubare una foto ricordo anche a loro.
Rimanendo sempre nei dintorni di Ubud ho proseguito le visite del mio primo piovoso giorno al Pura Tirtha Empul e sono rimasta completamente rapita da questo luogo dall’acqua sacra, il tempio è tra i più importanti di Bali, è circondato dalla sorgente del fiume Pakerisan che sgorga a fianco della montagna e al suo interno tra le affascinanti fontane circondate da offerte, fiori, incensi fumanti, avviene il rito di purificazione, ci si immerge nell’acqua che arriva ai fianchi nella vasca di pietra e a mani giunte e capo chino si fa il giro delle 13 fontane soffermandosi per alcuni secondi sotto ognuna di esse bagnandosi i capelli, il viso, purificando il corpo e l’anima, ci sono tantissimi fedeli intenti a praticare questo cerimoniale, tanti altri sono seduti sotto la pioggia a pregare e cantare davanti all’altare, visitare questo luogo e le sue tradizioni millenarie è un’esperienza mistica e andando via mi sono ripromessa di tornare con il bel tempo per provare anch’io il rituale.
Proseguendo tra strade immerse nel verde, tra colline, piantagioni di fragole e floride foreste raggiungo il Pura Ulun Danu Bratan un altro spettacolare tempio galleggiante sul lago, nelle cui acque si rispecchia la sua figura spirituale, malgrado il cielo grigio sono circondata da un giardino verde brillante, coloratissime statue di legno e gesso raffiguranti dei, serpenti e rane giganti, un vero eden misterioso celato tra montagne e vulcani. Prima di tornare verso Ubud mi sono fermata a visitare il mercato del villaggio di Bedugul dove si possono acquistare frutti esotici e le famose fragoline.
Il giorno successivo, con mia grande felicità e gratitudine, è baciato dal sole e lo sarebbero state tutte le mie prossime giornate balinesi, tranne l’ultima, l’universo ha ascoltato le mie preghiere 🙂 … quindi con gioia immensa e grinta da vendere salgo prontissima nel mio taxi personale per vivere impaziente le prossime magiche esperienze.
Passando per le meravigliose risaie, dove mi sono fermata ad ammirare la terrazza che lascia letteralmente senza fiato e dove ho acquistato al mercatino locale un sarong per le gambe ed un satinior per la testa, ho raggiunto il tempio di Pura Batur. La strada da percorrere è tra le più belle e suggestive, ci sono degli altarini tra le montagne, i vulcani, i laghi, un panorama fantastico , dove donne del luogo lasciano offerte e bruciano incensi, il tempio è tra i più variopinti. Sono entrata e non c’era quasi nessuno, le preghiere erano terminate da poco e gli ultimi fedeli con le ceste in testa stavano uscendo pian piano, gli ultimi incensi si stavano spegnendo lentamente tra i piccoli canestri pieni di fiori e i petali donati, mi sono ritrovata praticamente sola in questo sito incantevole, si sentiva solo una musica, un mantra sottofondo che continuava a cantare magicamente intorno a me, sembrava fosse la voce degli Dei, giravo estasiata tra le enormi porte sacre, le statue di uccelli, cigni, elefanti dai colori vivaci, le fontane, le palme, sotto ad un cielo limpido azzurro, con le lacrime agli occhi e riconoscenza nel cuore.
Dopo questa esperienza trascendentale io ed il mio tassista continuiamo a percorrere assurde strade in mezzo alla giungla, tra motorini affollatissimi con a bordo anche quattro persone, processioni di cerimonie funebri con tanto di cremazioni lungo le vie e di matrimoni, capannoni adibiti a benzinai che vendono carburante in bottiglie di vetro accatastate numerosissime ai margini della strada, per raggiungere il Pura Besakih sulle pendici del vulcano Agung.
Sono fortunata, sicuramente oggi si svolgono dei festeggiamenti divinatori e le strade sono già piene di cortei di fedeli induisti vestiti nei loro tradizionali abiti cerimoniali, donne meravigliose con ceste in testa che indossano camicie di pizzo gialle o bianche, con cinture di stoffa arancioni o blu, uomini dallo sguardo fiero con satinior in testa, che indossano camicioni ampi, tutti con i sarong dai colori e fantasie sgargianti persino i bambini più piccoli. Da questo tempio madre, salendo una scalinata tra statue di pietra e piante colorate, attraversando il portale si raggiunge la vetta sacra, a questo punto non mi resta che sedermi, in silenzio ed ammirare e venerare lo spettacolo dinnanzi a me, le cime e l’eco sordo dei vulcani in lontananza, il mercato affollato all’ingresso, l’ampio piazzale alla base e la sfilata dei sorrisi luminosi dei devoti che salgono con adorazione i gradini che portano al paradiso e riscendono purificati verso la redenzione, alla vita terrena.
Il giorno dopo mi sono svegliata alla luce di un sole splendente, ho indossato un abito lungo bianco con il mio nuovo satinior dai ricami dorati in testa, destinazione tempio di Tanah Lot, uno spettacolo veramente fuori dal comune. Questo tempio induista è situato in cima ad un’imponente formazione rocciosa in mezzo all’oceano pacifico, una leggenda narra che il saggio Dan Hygang Nirartha durante uno dei suoi viaggi si imbatté in questo luogo splendido e vi rimase, effettivamente a vederlo si capisce il perché e vien voglia di fare altrettanto. Il tempio è accessibile solamente ai fedeli , ma vale comunque la pena vederlo anche solo da fuori, collocato su quest’isoletta remota e solitaria, tra rigogliose piante e prorompenti onde che sbattono impetuose sulla roccia, evoca pensieri lontani e malinconici.
L’altro tempio raggiunto è quello di Uluwatu, all’ingresso mi danno una cintura di stoffa arancione da indossare, inizio poi a camminare verso la maestosa scogliera a picco sul mare, il vento soffia forte, incontro parecchi macachi grigi abbastanza molesti che mi sembrano subito meno docili delle scimmie conosciute precedentemente al tempio di Ubud, pertanto cerco di starne alla larga, di non disturbarle e nascondo subito i miei occhiali da sole ed il mio cellulare, facendo molta attenzione a fare le foto.
Continuo ad avanzare, il panorama è mozzafiato, ci sono piccoli altarini di legno con le solite offerte ed incensi consumati dalla potente brezza, posizionati proprio sull’orlo della scogliera rocciosa e le onde che vi si infrangono sono veramente inquietanti, la forza della natura infonde agitazione e pace allo stesso tempo, quando finalmente scorgo il surreale tempio lassù in alto, che sembra toccare il cielo, sembra così irraggiungibile, inviolabile a noi comuni mortali l’emozione è forte, in realtà anche questo luogo è accessibile solamente ai religiosi induisti, ma per me resta un sogno intangibile, arroccato in un miraggio, il tempio degli Dei, accessibile solamente al vento, alla pioggia e sogni proibiti.
Lascio questo luogo incontaminato e per raggiungere la mia prossima destinazione, come per i templi precedenti, il traffico è veramente insostenibile, il giorno prima per rientrare al centro di Ubud ho impiegato più di un’ora di taxi solo per percorrere due o tre chilometri, la circolazione è completamente bloccata, congestionata, ci sono tantissimi mezzi , alcuni improbabili, dai già citati sovraffollati motorini, ai pick up che trasportano di tutto, verdura, galline, frutta, persone e i taxi, un delirio di smog e clacson assordanti e le macchine che si muovono a passo d’uomo.
Decido quindi una volta raggiunta la spiaggia di Jimbaran di fermarmi qui a dormire, anche se non era previsto, per godermi con calma le ore successive senza dover affrontare la stressante strada del ritorno, liquido il mio caro tassista ringraziandolo per il servizio di questi giorni, non lo avrei più rivisto, scendo così dalla macchina senza sapere di preciso dove andare ed affidandomi all’istinto mi avvicino alla spiaggia.
Vago per un po’ nella via principale cercando un hotel, finalmente lo trovo a due passi dal mare e sembra anche bello ed accogliente, c’è pure una piscina, ma io non ho nulla con me, solamente i soldi, pertanto cammino un po’ per le vie deserte in cerca di un negozietto e dopo un po’ di tempo lo trovo. Ora ho tutto ciò che mi serve, il mio portafoglio, un costume da bagno e tanta voglia di godermi il tramonto in santa pace. Cammino tranquilla affondando i piedi scalzi nella sabbia morbida e calda, ci sono tantissimi ristorantini proprio sulla spiaggia, qualcuno passeggia a cavallo, i bambini si divertono a giocare a palla, si vedono gli aeroplani in fila pronti a decollare dal vicino aeroporto, ecco che uno ad uno prendono il volo mescolandosi ai gabbiani, mi siedo ed il mio sguardo si perde all’orizzonte, al sole che scende verso un altro giorno che sta per terminare, ma non ancora, mi aspetta una delle cene più sensazionali e romantiche in riva al mare. Scelgo uno dei tanti localetti e mi gusto una buonissima aragosta ed un ottimo cocktail al tramonto, la bassa marea, i piedi sul bagnasciuga, una candela accesa e l’ottima compagnia di me stessa, una cena sentimentale con la mia anima, e la forza dell’amore incondizionato verso me stessa che solo il coraggio di intraprendere un viaggio in solitaria può concedere.
Passando per la spiaggia, sandali alla mano, arrivo al mio hotel, non c’è nessuno in piscina, faccio un bagno rigenerante e me ne vado a letto felice di questa nuova gratificante giornata trascorsa.
Al risveglio il mio primo pensiero va alla ricerca di un nuovo passaggio per tornare ad Ubud dove avrei trascorso l’ultima notte, proprio di fronte al mio hotel nel parcheggio del benzinaio ci sono parecchi taxi, trovo subito un ragazzotto grande e grosso, insomma di una certa stazza e il suo sorriso non è da meno, che mi ispira subito fiducia e mi accordo con lui per tornare ad Ubud e per raggiungere Lovina il giorno successivo. Mi trovo a subire nuovamente le solite folle ore in mezzo al frenetico traffico, il mio nuovo autista è rilassatissimo, sicuramente abituato a questo caos, parliamo in una lingua sconosciuta per farci capire, lui ride sempre e quando capisce, non so come, che amo lo yoga mi mette una musica di mantra balinesi che per ore ed ore, anche il giorno successivo, mi accompagnerà insistentemente durante tutti i tragitti in macchina, è piacevole come suono ma ammetto che dopo un po’ risulta leggermente ridondante e mi scappa un sacco da ridere, è tutto molto buffo e molto balinese, il contrasto tra l’atmosfera di melodie spirituali all’interno dell’abitacolo ed il trambusto delirante sulla strada all’esterno è a dir poco grottesco! Ma noi avevamo la protezione di talismani e cimeli vari che invocano le molteplici divinità induiste appesi all’interno del veicolo…
Avrei passato quindi l’ultima serata nella mia affezionatissima Ubud, al pensiero ammetto che il mio cuore ha vacillato un po’, ammetto che forse sarebbe stato più pratico trascorrere solo i primi giorni qui, per poi andare a Lovina e raggiungere direttamente la spiaggia di Jimbaran gli ultimi giorni essendo più vicina all’eroporto, sicuramente ho sbagliato qualche calcolo, ma il bello del viaggio è anche questo e non mi sono per niente pentita di aver dedicato più tempo ad Ubud. Perché? Non mi sono per niente pentita di essere rimasta più notti a dormire qui perché ho potuto vivere questa città in piena tranquillità ed autonomia semplicemente passeggiando, è una città incantata, colma di misteri e giardini segreti, ho amato perdermi tra i suoi cortili nascosti, dove mi sono imbattuta in veri e propri eden esotici, tra pipistrelli, uccelli e fiori giganti, in ogni singolo angolo di questo luogo magico, dietro ogni cancello, aprendo ogni portone, ho potuto trovare una meraviglia, i piccoli suggestivi templi sparsi dappertutto, in tutte le viette, all’interno delle case, dei negozietti, dentro ogni garage e benzinaio tra le macchine ed i motorini ho potuto scrutare una statua del Ganesha, un altare inghirlandato, corone di fiori colorati. Ho adorato questa città, passeggiare tra i suoi mercati, sentirne il profumo di antico, di incensi, di fede, tutto ciò ha provocato in me una sensazione intima, secolare.
Per le stradine devo stare attenta a dove metto i piedi perché ci sono tantissime offerte e cestini sparsi sui marciapiedi, la mattina presto è solito vedere donne che tra preghiere e fumi di palo santo appoggiano i cestini di fiori a terra, ho incontrato spesso dei negozietti di statue divine, centinaia di statue di ogni dimensione sparse sui marciapiedi, negozietti di incensi , ristorantini adorabili dove ho assaggiato del cibo delizioso e speziato.
Ogni sera dal mio hotel raggiungevo a piedi il piccolo centro e da qui sceglievo il localetto dove cenare, mi sono sentita sempre protetta, al sicuro in questa città sacra, ospitale, pura, il vero cuore di Bali. Ad Ubud, nel Teatro Legong ho potuto assistere alle danze tradizionali balinesi che sono delle vere e proprie rappresentazioni teatrali, tra maschere, draghi, costumi sfarzosi, trucchi esagerati, raffinati movimenti delle dita, complicati giochi di gambe ed espressioni facciali molto accentuate, gesti armonici che racchiudono tutta la storia e le usanze di questo meraviglioso, sorridente e pacifico popolo.
Il prezioso tempo in più mi ha anche permesso di tornare, come da mia intensione, al Pura Tirtha Empul in una bella giornata calda di sole e di immergermi nella sacre acque delle fonti purificatrici tra i fedeli balinesi ed i loro sempre presenti sorrisi rassicuranti e benevoli, è stato molto coinvolgente e toccante, ho sentito una connessione potente e spirituale con questo magico luogo e questa paradisiaca e speciale isola.
E poi ad Ubud c’è lo Yoga Barn, un luogo senza tempo, una vera e propria guarigione per il corpo e per l’anima, solamente il venerdì pomeriggio si tiene un evento molto particolare a cui solo poche persone possono accedere, ho preso un passaggio dai vari “tassisti” in motorino e sono andata a vivere questa esperienza unica ed indimenticabile, difficile da spiegare a parole ( ne ho parlato in maniera più approfondita nell’articolo che troverete nella pagina “Festival Dal Mondo: The Yoga Barn” ).
Lovina si trova a circa 80 km da Ubud, nel tragitto mi sono fermata in una piccola azienda agricola immersa nel verde ad assaggiare il tradizionale caffè Kopi Luwak, prodotto con chicchi di bacche ingerite e defecate da questo adorabile animaletto denominato Musang simile ad una marmotta. La bevanda dal sapore intenso è buonissima, ne ho assaggiato vari tipi, ho tostato in padella i cicchi di caffè insieme ad una vecchietta, ho mangiato anche dei tipici dolcetti, sembravano foglie di pianta grassa, un po’ viscidi ma molto buoni, non è stata una brutta esperienza, ma sinceramente sono rimasta un po’ turbata nel vedere questi poveri esseri viventi chiusi in gabbia e per questo motivo non la rifarei.
Lovina è una località balneare che possiede una lunga lingua di spiaggia nera che collega diversi piccoli villaggi, da dove si può vedere in lontananza il vulcano e da dove partono escursioni all’alba in barca per l’avvistamento dei delfini. Qui nello splendido hotel Puri Bagus https://www.puribaguslovina.com/
immerso in uno stupendo giardino con tanto di piccoli altari addobbati, ho trascorso gli ultimi due giorni del mio viaggio in pieno relax e abbandono, passeggiando scalza tutto il giorno, con fiori freschi dietro l’orecchio, facendo bagni nella piscina bordo mare, leggendo Siddharta, praticando yoga al tramonto, mangiando divino pesce fresco e facendo la doccia tradizionale all’aperto, sotto le stelle tra pareti di pietra.
Qui ho conosciuto una famiglia splendida che aveva un negozietto proprio all’uscita dell’hotel che vende di tutto dal tè agli incensi, ho fatto amicizia con la signora Yuli, i suoi meravigliosi figli ed il marito Adi, che ha un’agenzia che organizza tour ed escursioni e che vi consiglio vivamente di contattare per un vostro eventuale viaggio a Bali ( A-Leo 0062 81916342061).
Ogni sera lei mi ha accompagnato con il motorino al villaggio vicino dove facevo compere al mercatino o girovagavo per il localetti e poi mi ripassava a prendere e al ritorno mi fermavo con loro a giocare con i bambini, e a bere del tè caldo che con tanto amore mi preparavano , a chiacchierare, nella solita lingua magica dei gesti, sorrisi e qualche parola di varie nazionalità recuperata qua e là, il linguaggio dell’amicizia, del rispetto, dell’amore.
A Lovina c’è anche un bellissimo tempio buddista il Brahma Vihara con le sue campane e statue del Buddha giganti, anche qui sono stata molto fortunata e sono capitata mentre i monaci, con le loro vesti arancioni, preparavano ed allestivano delle decorazioni floreali dorate per un festival, li ho visti pregare, ridere e scherzare tra loro e mi hanno permesso di fare una foto, ricordo indelebile, insieme.
Arriva così il momento di lasciare l’isola di Bali, il taxi mi passa a prendere al mio hotel di Lovina, Yuli e la sua famiglia mi aspettano fuori, ci abbracciamo forte, ci stacchiamo a malincuore, salgo in macchina e vedo tutta la famiglia lì, ad agitare le mani per salutarmi, inevitabilmente le lacrime iniziano a scendere ininterrottamente sulle mie guance, sorrido verso di loro e guardandoci negli occhi lucidi, nella nostra lingua magica dell’amore, senza dir niente ma dicendoci tutto ci diamo l’addio.
Il percorso a ritroso per tornare è stato veramente lungo e scapicollato, la pioggia è tornata incessante e molto abbondante a darmi la benedizione per la partenza, come anche al mio arrivo, il traffico più caotico del solito, , le strade tutte allagate, l’acqua scura e fangosa arriva fino agli ingressi dei locali al pian terreno, la gente a chiacchierare seduta a terra con le gambe a mollo fino al ginocchio, io sempre più angosciata per il ritardo assurdo e la paura di perdere l’aereo, quando manca poco meno di un chilometro all’aeroporto scendo dal veicolo, prendo la valigia e come una matta inizio a correre trafelata in mezzo al traffico, alla gente, alla pioggia, arrivo stravolta, con il fiato corto e tutta bagnata per scoprire che non ero in ritardo solo io, ma fortunatamente anche il mio volo.
Di nuovo Bali mi ha fatto sorridere, mi è venuta incontro, non mi ha ostacolata, ha letto la mia anima, ascoltando le mie paure aiutandomi a non farmi limitare da esse, ma insegnandomi ad avere fiducia in me stessa, nel viaggio, nell’isola, nell’amore incondizionato dell’universo nei confronti di chi, umilmente con il cuore limpido, colmo di gratitudine e stupore, ama osare e scoprire con rispetto e fiducia, nuove terre, nuovi orizzonti, nuovi limiti da superare.
Ovunque tu vada, vacci con tutto il tuo cuore. (Confucio)
Siamo ai primi di aprile e durante questo magico periodo primaverile in tutto il Giappone si festeggia l’Hanami ovvero la fioritura dei Sakura, i ciliegi, una tradizione antica più di un millennio, in questo periodo nei parchi più famosi tutti i giapponesi, gruppi di amici, famiglie intere si riuniscono per ammirare insieme la fioritura, parecchi gruppi di vecchietti a giocare a carte a chiacchierare, facendo dei pic nic sotto gli alberi tra i petali rosa accomodandosi su delle enormi coperte di plastica azzurre.
Il momento del petalo che si stacca dal ramo e cade a terra è un attimo sacro, il tempo sembra scorrere più lento e la malinconia che evoca è la metafora della vita, il ciclo naturale della morte.
Una leggenda narra che ogni fiore di ciliegio ha un colore diverso, sotto ad ogni albero di ciliegio giace lo spirito di un guerriero e più il fiore è di un colore acceso, più il guerriero era valoroso, nei parchi di Tokyo potrete apprezzare migliaia di alberi e di fiori dalle diverse sfumature del bianco, rosa e magenta, i tappeti di petali che si formano a terra sembrano infiniti e sembrano indicare un percorso magico verso mondi incantati e segreti.
Abbiamo acquistato anche noi la nostra coperta-tovaglia azzurra nelle numerosissime bancarelle che le vendono, insieme a i bonsai, ventagli e tante altre deliziose cianfrusaglie giapponesi, abbiamo raggiunto parco Ueno ed abbiamo scelto il nostro albero di ciliegio preferito, o meglio lui ha scelto noi per sederci sotto di esso e goderci lo scenario splendido unico al mondo, emozionante, favoloso e a fare il nostro pic nic con il pesce e le fragole fresche appena acquistati al mercato, il kit kat e la coca cola sempre alla fragola nelle loro edizioni straordinarie introvabili appositamente dedicate all’Hanami.
Altri luoghi straordinari a Tokyo dove poter godere a pieno lo spettacolo naturale dell’Hanami sono il parco Shinjuku gyoen uno dei più grandi e romantici, immerso in migliaia di specie diversi di ciliegi in fiore, nel cinguettio degli uccelli, boschetti tranquilli e giardini tradizionali giapponesi, un vero paradiso terrestre dove grazie a degli altoparlanti sotto fondo si sente anche una soave musica che rende tutto ancora più suggestivo, sembra di sentire il canto dei ciliegi, la voce dell’Hanami che prende vita. C’è poi il parco Inokashira, dove potrete passeggiare nei pressi del lago e la sorgente del fiume Kanda sempre inebriati dal profumo inconfondibile dei fiori di ciliegio e dove potrete fare un giro del lago con i buffi pedalò a forma di cigno, un punto panoramico speciale dove potrete contemplare il pittoresco contrasto degli austeri grattacieli circondati dai dolci alberi fioriti.
Un altro punto perfetto per ammirare l’esplosione della magica primavera giapponese è il distretto Nakameguro con i sentieri che fiancheggiano il fiume e dove i rami dei ciliegi in fiore formano dei suggestivi tunnel, i negozietti locali vendono libri d’arte, birre artigianali e ci sono degli ottimi bistrò tradizionali giapponesi dove poter mangiare qualcosa sotto l’ombra rassicurante dei fiori.
Per non parlare delle affascinanti viette fiorite di Kyoto o del fiabesco parco di Nara e del sogno ad occhi aperti che si vive ritrovandosi a passeggiare nel parco tra i ciliegi fioriti ed i cervi, un vero e proprio dipinto, gli alberi in fiore sono tantissimi ed ancora di più lo sono i cerbiatti che ti girano intorno e che si fanno tranquillamente accarezzare talmente sono abituati a prendere coccole da tutti.
L’Hanami, un dono immenso che madre natura ogni anno ci rinnova, l’alito profumato dell’aria, il canto incantato della primavera, del miracolo della rinascita dei Sakura, nonché della loro morte, l’abbandono dei suoi petali leggeri, il loro viaggio verso l’infinito, il lasciarsi andare al vento, alla terra, al destino, così come noi, i petali impotenti, disarmati non devono avere timore di andare incontro alla loro sorte, di perdersi nell’ignoto per potersi ritrovare, per poter rincontrare la loro anima e realizzare l’unione con essa e allo stesso tempo con l’universo intero.
L’Hanami ci insegna ad avere fede in noi stessi, a non avere paura.
Tra i fiori il ciliegio, tra gli uomini il guerriero.